Benvenuti nel blog di IdV Gualtieri

Lo scopo di questo blog è di dare la possibilità, a chi non ci conosce personalmente, di segnalarci situazioni particolari sul territorio ed eventualmente suggerirci migliorie da realizzare. Inoltre vorremmo trattare avvenimenti politici a carattere nazionale ed internazionale, condividendoli con tutti coloro che lo vorranno.

domenica 13 febbraio 2011

In Italia i lavoratori dipendenti sono sotto schiaffo.


In Germania la Cancelliera Merkel, capisce che è ora di dare una svolta al lavoro in fabbrica e lancia un idea geniale: "Orario di lavoro a misura di famiglia". Governo , sindacati e imprenditori si impegnano a rivedere l'attuale sistema entro il 2013: più spazio al tempo libero. L'obiettivo è dare ai lavoratori la possibilità di occuparsi dei figli.

In Italia, viceversa, i lavoratori dipendenti sono sotto schiaffo. La "Classe Operaia", continua a ricevere spallate devastanti da imprenditori e Governo.

Mentre in Germania il Governo tende a dare sempre più dignità ai lavoratori, andando incontro ai loro bisogni, in Italia si punta a togliere loro ogni residuo di dignità.

Senza diritto al lavoro si perde la dignità. Solo regole giuste, fatte di diritti e doveri, possono garantire la dignità nei luoghi di lavoro. I lavoratori devono rispettare le regole aziendali, ma devono essere rispettati innanzitutto come persone.

Quanto sta accadendo in Italia, vedi il caso Fiat, è la dimostrazione pratica che i lavoratori, insieme ai diritti, stanno perdendo la dignità. Probabilmente Fiat è solo il caso più eclatante di quanto sta già accadendo in altre realtà minori.

In Italia i Sindacati si dividono in interessi di bottega, facendoli apparire come situazioni ineluttabili, dimenticando che il loro ruolo più importante è quello di garantire la dignità ai lavoratori nei luoghi di lavoro. Cari Segretari sindacali, i diritti e la dignità dei lavoratori non possono essere barattati.

Non è pensabile, in uno Stato Democratico, che il diritto al lavoro non sia garantito per legge. Dove ciò non esiste è la Libertà stessa a non essere garantita.

IdV Gualtieri

sabato 5 febbraio 2011

La Corte Costituzionale frena il Nucleare.


Il governo, di cui la Lega fa parte, aveva annunciato il piano per le centrali come obiettivo indispensabile per risolvere i problemi energetici del Paese. Poi il progetto è naufragato. Non sono state localizzate neanche le aree su cui far sorgere gli impianti e, soprattutto, nessuno li vuole.
La Corte Costituzionale ha stabilito che è obbligatorio il parere della Regione interessata, benché non vincolante, prima di realizzare una centrale nucleare. La Consulta ha dichiarato di fatto illegittimo l’articolo 4 del decreto attuativo della legge delega nella parte in cui, appunto, non prevede di ascoltare le amministrazioni regionali prima dell’intesa con la Conferenza unificata. «Attraverso tale consultazione mirata - spiegano i giudici - la Regione è messa nelle condizioni di esprimere la propria definitiva posizione, distinta nella sua specificità da quelle che verranno assunte, in sede di Conferenza unificata, dagli altri enti territoriali ».
Alla Corte costituzionale si erano rivolte Toscana, Emilia Romagna e Puglia. Esulta Nichi Vendola, governatore della Puglia: «La Consulta ricorda al governo che la democrazia non è un optional». Soddisfatti anche gli ambientalisti. Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, dice: «Per realizzare qualsiasi infrastruttura è necessaria la condivisione con il territorio, a maggior ragione per impianti che condizionano lo sviluppo futuro dell’area». Lo scorso novembre, la Corte Costituzionale aveva dichiarato illegittime le leggi regionali di Puglia, Campania e Basilicata che vietavano centrali nucleari sul loro territorio.

Due strani alleati esultano per il parziale stop alla realizzazioni di nuove centrali nucleari arrivato dalla Consulta. Si chiamano Rodolfo De Benedetti, proprietario di Sorgenia, e Umberto Bossi. Il primo, figlio di Carlo De Benedetti, è soddisfatto perché ha investito milioni di euro nella società leader per le energie rinnovabili (Sorgenia) e perché rischiava di essere automaticamente escluso dalla partita sul nucleare. Bossi, invece, perché alle centrali è favorevole (non si sa se per convinzione o dovere di amicizia nei confronti di Silvio Berlusconi, non si riesce mai a capire) purché i reattori atomici vengano piazzati lontano dalle Regioni che governa il suo partito.

Questo non vuol dire che la politica avviata dall’ex ministro Claudio Scajola, poi proseguita dal successore Paolo Romani, sia sul punto di naufragare. Ma mostra, per l’ennesima volta, la difficoltà di questo Governo a legiferare nel rispetto della Costituzione.
Nel gennaio del 2010, quando ancora godeva di una solida maggioranza in parlamento, il Governo sostenne che l’Italia aveva bisogno dell’energia nucleare per liberarsi degli alti costi d’acquisto dall’estero. Così il Consiglio dei ministri varò un decreto, poi diventato legge, che annullava gli effetti del referendum del 1987 con il quale gli italiani, "il popolo sovrano", si erano espressi contro il nucleare. E il Governo avrebbe avuto mano libera sul dove e come realizzare le centrali.

Dopo le proteste e gli esposti fatti in Puglia, Toscana ed Emilia Romagna, l’altro giorno la Corte costituzionale si è espressa. Non ha detto deciso niente di particolare, se non che la realizzazione delle centrali deve passare attraverso un parere (non vincolante) delle Regioni competenti. Ma chi si aspettava l’ennesima accusa a quei giudici “sovversivi e comunisti” è rimasto deluso. Berlusconi forse non ha avuto neppure il tempo di accorgersi di quello che era appena accaduto, impegnato a trovare una via d’uscita dal Rubygate.
A esultare per quanto deciso dalla Consulta ci hanno pensato il lombardo Roberto Formigoni e il veneto Luca Zaia. Entrambi autorevoli nuclearisti, purché lontano da Milano e Venezia. “Il Veneto è autosufficiente dal punto di vista energetico”, ha detto a caldo Zaia, “e il nostro territorio non è morfologicamente adatto a ospitare nuove centrali. Questo è il parere che io fornirò quando mi verrò richiesto. Ma non sono contrario al nucleare”. Più o meno quanto ribadito da Formigoni, convinto anche lui sulla necessità di nuove centrali “ma non da noi”. Come no, presidente Formigoni? Anche lei va contro il suo partito? “In Lombardia non c’è la necessità, non c’è bisogno in questo momento”. Più prudente il governatore del Piemonte Roberto Cota che dice di restare coerente con la sua scelta nuclearista, ma anche lui sostanzialmente contrario a trovare un posto alle centrali nella sua regione.

Più coerentemente contento Vasco Errani da Bologna: “Il governo è bene che cambi linea. La sentenza della Consulta riconosce infatti il ruolo e la funzione delle Regioni, ribadendo la necessità che rispetto alla localizzazione degli impianti per produrre energia nucleare la Regione e, attraverso di essa, la comunità regionale possano esprimersi con un parere obbligatorio, confermando comunque la necessità di raggiungere poi un’intesa in sede di Conferenza unificata”.

Dove saranno realizzate le centrali rimane un mistero. Toscana, Puglia, Emilia Romagna, Basilicata, Sicilia, Umbria, Sardegna e la Liguria non ne vogliono sentir parlare. Romani che del nucleare ha fatto una missione nel suo dicastero, invita tutti alla ragionevolezza. Non è colpa sua se la legge è stata fatta, come la maggior parte dei provvedimenti firmati del governo targato Pdl-Lega, in modo e maniera che la Consulta si sia trovata a eccepire sulla costituzionalità del provvedimento. La Costituzione è proprio un fastidio per questo Governo.
Più stizzita è il ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo, che in quel consiglio dei ministri, quando si è deciso il decreto, c’era: “La Consulta ha confermato e ampliato l’opzione della piena condivisione con i territorio delle scelte per la localizzazione delle centrali. La decisione non mette in discussione la responsabilità finale del governo, ma aggiunge di fatto un parere delle Regioni anche in sede di autorizzazione unica”. “Mi sembra ridicolo che gli antinuclearisti cantino vittoria. Nessuno ha mai pensato di fare le centrali contro il parere delle comunità. Adesso occorre soltanto andare avanti speditamente mettendo in moto l’ Agenzia per la sicurezza nucleare”.

E la Lega che non vuole le centrali in casa? Non è un problema? No, questo punto non viene neppure preso in considerazione. Certo è che la prospettiva nucleare si allontana (l’inizio dei lavori era previsto per il 2013) e non poco. Il governo al momento ha altre priorità in agenda. Come sempre, per preparare gli italiani, il premier ha fatto ricorso al suo strumento comunicativo preferito: la televisione. Sei milioni di euro, è costato lo spot che ritrae due attori impegnati in una partita di scacchi, uno contrario al nucleare, l’altro più convinto e convincente. Nel concreto però del nucleare ancora non se ne sa nulla, del resto è il governo del fare (...quello che gli pare).

idv gualtieri
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