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mercoledì 21 aprile 2010

Gigi Riva: "Io padano doc dico a Bossi jr: l'Italia non ha bisogno di te"




di Paolo Salvatore Orrù

"Non ho mai detto che non tiferò per l' Italia, ma non sarò davanti alla televisione a guardare le partite" ha chiarito Renzo Bossi, ai microfoni dell'Alfonso Signorini Show (Radio Monte Carlo). Ben addestrati, i giovani politici imparano presto a fare dietro front. Soprattutto quando le parole usate con troppa incoscienza possono diventare dannose alla causa. Ritrattare è semplice, basta accusare il giornalista di turno – questa volta quello di Vanity Fair - di non aver saputo interpretare con ponderatezza tutta la complessità del verbo.

Il dietro front del leghista non ha impressionato l’ex ala sinistra della Nazionale e del Cagliari, Gigi Riva. Diventato, grazie a Gianni Brera, l'antesignano, il simbolo del “padano” doc (l’ex azzurro è nato a Leggiuno, in provincia di Varese) quando la Lega di Umberto Bossi non era ancora nata politicamente. “Io sono cresciuto a non più di cinque chilometri da dove è nato Bossi jr. Così mi sono fatto un’idea su di lui: o è un esaltato e allora sarebbe facile spiegare il significato delle sue parole. Oppure è uno che merita un calcio nel sedere: la politica deve tornare ad essere una cosa seria non un gioco per figli di papà”.

C’è chi viene al mondo per nuotare libero nel mare delle idee e chi invece si accontenta di fare qualche bracciata nelle acque del Po. "Ho solo detto che oggi la nostra idea è quella di cambiare il Paese modificandolo in senso federale seguendo il progetto della Lega. I giornalisti, si sa, esasperano spesso il senso di certe dichiarazioni", ha detto nel corso del Signorini Show il figlio del leader della Lega. L’ex calciatore non mai avuto bisogno di due interviste per spiegare un concetto.

Per lui la Patria non è la Padania è l’Italia: “Il tricolore mi commuove ancora. L’inno di Mameli mi fa venire i brividi. Le esternazioni di Bossi jr documentano che il nostro Paese sta vivendo un momento poco esaltante, incapace di offrire prospettive politiche migliori”.Per Riva il Paese è un’entità complessa che non può essere circoscritta dagli interessi di parte. “Il Sud è un po’ più indietro perché ha subito i condizionamenti dello Stato: se nella Penisola non avessero scoperto il mare della Sardegna, l’Isola sarebbe ancora stata considerata la regione in cui sbattere il carabiniere che si comporta male. Purtroppo la Sardegna - ma è un ragionamento che vale anche per le altre regioni del Sud - ha mandato al Parlamento politici che poi non si sono mai interessati dei problemi dei territori che avrebbero dovuto rappresentare”.

In politica come nel calcio Riva teme – è avvenuto anche dopo la vittoria azzurra ai Mondiali del 2006 – la comparsa dei “lenzuoli bianchi”. Ovvero la comparsa di quei politici che hanno fatto propria la vittoria e l’hanno commentata cosa se fosse cosa loro. Leghisti compresi. “Nel 2006, quando siamo partiti da Pisa alla volta di Monaco all’aeroporto non c’erano politici. Sono saliti sul treno dei vincitori con il passare dei turni”. Questa è una caratteristica che va al di là di qualunque connotazione politica: “Senatori e onorevoli corrono come mosche dove ci sono televisioni, fotografi, giornali. Altrimenti dicono di avere un impegno urgente da altre parti: la sconfitta – si sa - non ha mai né padre né madre. Invece siamo arrivati fino alla fine e siamo stati festeggiati in tutta l’Italia. Lombardia, Veneto e Piemonte comprese”, conclude Riva.

Fonte: Tiscali.it

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