
10 febbraio 1947: l'Italia, uscita sconfitta dal conflitto mondiale, oltre a restituire tutti i territori occupati dalle sue truppe nel corso della guerra si impegnava a cedere alla Jugoslavia la città di Fiume, il territorio di Zara, le isole Pelagosa e Lagosta, parte dell'Istria, del Carso triestino e goriziano e dell'alta valle dell'Isonzo.
Gli italiani residenti in quelle zone furono costretti ad abbandonare le loro case. E in tanti lasciarono anche il ricordo di quanti non c'erano più, vittime dell'odio etnico, uccisi dai partigiani di Tito nel modo più spietato: gettati e abbandonati nelle foibe.
Le foibe sono profonde fratture carsiche, all'interno delle quali numerosi italiani e oppositori dei comunisti yugoslavi hanno trovato la morte dopo un volo di centinaia di metri e una lunga agonia tra atroci sofferenze.
Quante sono state le vittime di questa altra follia umana? Sicuramente più di quante la storia racconta.
Per questo motivo il 10 febbraio è diventato il «giorno del ricordo»; è un dovere ricordare e commemorare i morti e i profughi di quei giorni.
IdV Gualtieri
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